Quando nella mente di un imprenditore si sviluppa l’intuizione per un nuovo business, egli dovrebbe anzitutto identificare e focalizzare i bisogni che intende soddisfare e, solo successivamente, scegliere il modo migliore attraverso cui concretizzare il suo piano.

Prima di dare forma alla sua idea dovrebbe, tra l’altro, analizzare il mercato e i competitor, costruire l’architettura interna della sua azienda, scegliere i suoi collaboratori e individuare il modo migliore in cui rendere operativo il progetto: tra le molte alternative dovrebbe preferire quelle che gli garantiscono risultati più rapidi e sicuri e che riducono il più possibile i rischi, almeno sulla carta.

Compiuti questi (e in realtà molti altri) step, se tutti i presupposti sono soddisfatti l’attività finalmente può avere inizio.

Nel caso in cui l’intuizione imprenditoriale si riveli azzeccata e l’azienda sia da subito proficua, è probabile che tutti gli elementi originari del progetto vengano mantenuti inalterati per lungo tempo, o addirittura per tutta la vita dell’impresa, come se l’assetto iniziale fosse in assoluto e per sempre il migliore.

Spesso infatti si tende erroneamente a proseguire lungo la strada del successo senza riconsiderare, adattare o quantomeno analizzare le dinamiche di sviluppo del progetto e del mercato, almeno fino a quando l’inevitabile curva gaussiana cambia la sua tendenza e punta verso il basso.

Se invece i risultati non sono quelli sperati, l’imprenditore può cercare vie di sviluppo alternative, seguendo canali diversi o magari rivalutando il target. Non sempre però queste azioni successive hanno buon esito, perché spesso si concretizzano in riformulazioni e adattamenti solo superficiali della strategia iniziale o perché si creano delle aspettative talmente alte e dagli esiti talmente decisivi da indurre una perdita di lucidità e di obiettività decisionale.

In periodi di difficoltà come quelli che stiamo attraversando, molti imprenditori e aziende (specie di piccole e medie dimensioni) sono chiamati a reinventare il proprio business per far fronte a dinamiche o situazioni di mercato improvvisamente mutate, per adeguarsi a nuovi strumenti di esecuzione del lavoro, o semplicemente per allinearsi a nuove abitudini di fruizione dei servizi offerti, da parte dei clienti.

Ma “reinventare il business” cosa significa? E come si fa?

Significa plasmare la propria impresa perché sia nuovamente performante e inserirla adeguatamente nello scenario in cui opera.

Un esempio? La YAMAHA, nota azienda giapponese che produce strumenti musicali d’eccellenza, nel secondo dopoguerra si trova a dover ricostruire i suoi stabilimenti, gravemente danneggiati durante il conflitto. Negli anni della guerra, uno di questi siti precedentemente destinato alla meccanica di alta precisione, era stato convertito alla produzione di eliche destinate agli aerei della marina imperiale. Vista la forte richiesta di motociclette, un nuovo mezzo di locomozione utilizzato in Europa e poi diffuso anche in terra nipponica, decide di reinventare il processo produttivo e focalizzarsi anche in quel settore.

Il risultato, lo conosciamo.

Un altro esempio interessante, tutto italiano, è la San Carlo (Unichips Finanziaria Spa), leader nazionale, e non solo, nel mercato delle patatine fritte. Il progetto iniziale è di Francesco Vitaloni che, insieme alla moglie Angela avvia una rosticceria a Milano, correva l’anno 1936. La loro clientela da subito apprezza particolarmente la qualità delle fritture, saporite ma leggere. Immaginate di avere un’ampia gamma di prodotti alimentari, tutti ben studiati e realizzati con la massima passione e di essere fieri del servizio giornaliero che date ai vostri clienti. Rifletteteci: pensate che sareste riusciti a rinunciare a tutto il resto per dedicarvi ad un unico prodotto? A delle patatine fritte? Loro lo hanno fatto.

Il segreto del passaggio da una piccola rosticceria cittadina ad una holding internazionale, risiede soprattutto nella capacità e nella tenacia dei fondatori di seguire i trend di mercato, i segnali del cambiamento nelle tendenze d’acquisto dei loro clienti, senza snaturare completamente il progetto iniziale, ma riformulandolo di volta in volta per adattarlo a ciò che veniva richiesto dal mercato.

Motociclette e patatine a parte, capiamo cosa fare per iniziare a reinventare il nostro business!

Il primo step è l’analisi: bisogna mettere la nostra attività sotto una lente di ingrandimento, scomporla in più elementi possibile e valutare l’efficienza di ognuno di essi, vedendoli come entità separate. Questa fase è la più complicata e decisiva, perché necessita di obiettività e di un punto di vista scevro di pregiudizi.

Da questo processo dovrebbero risultare chiari i punti di forza, ma soprattutto i punti deboli del nostro progetto. Se non li abbiamo individuati significa che non abbiamo analizzato correttamente la situazione. Riproviamo finché non ci saranno chiari i nostri punti deboli. È importante contestualizzare la nostra attività nella concretezza del presente, senza farci distrarre dalla potenzialità del nostro progetto o dalla validità dei nostri intenti, ma analizzando solo le dinamiche reali, i risultati ottenuti e ciò che succede nella pratica di tutti i giorni.

Bene, siamo riusciti a capire quali sono i punti deboli del nostro sistema azienda.

Adesso è il momento di riscrivere le regole e risolverli.

Partiamo dai nostri clienti, dal mercato, dagli interlocutori con i quali ci confrontiamo quotidianamente.

Cosa è cambiato in loro, nel loro modo di pensare e di agire, nel loro modo di vederci come azienda e di fruire dei nostri prodotti o servizi? Come li incontriamo, dove ci facciamo trovare, quali sono le loro necessità oggi e come possiamo soddisfarle meglio rispetto a ieri?

Dobbiamo usare tutta la nostra esperienza imprenditoriale, grande o piccola che sia, per definire una nuova forma di espressione dei nostri intenti, delle nostre potenzialità. Cerchiamo di rivivere gli step che ci hanno portato fin qui, analizzandoli da un punto di vista opposto a quello che abbiamo sempre avuto, magari concentrandoci sulle mancanze piuttosto che sulle eccedenze, su ciò che avremmo potuto fare piuttosto che su quello che abbiamo fatto.

Consideriamo ciò che è cambiato, quali erano i presupposti iniziali e quanto sono ancora validi? Può essere che il fulcro del problema non sia la sostanza del nostro progetto, ma la modalità in cui la esprimiamo e la rendiamo fruibile.

Non sempre si arriva ad una soluzione immediata, e quasi mai ci si arriva da soli, ma se riusciamo ad avere un’attitudine positiva e propositiva in queste fasi, siamo già a metà del viaggio verso il nostro nuovo progetto di lavoro.

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