C’era da aspettarselo: la mini collezione di abbigliamento con il marchio LIDL in bella vista è finita sold out in breve tempo anche qui in Italia.

Del resto si era già alzato un bel polverone durante il primo lancio, quando in altri pesi d’Europa era scomparsa dagli scaffali in tempi record.

Così il 16 novembre, giorno della sua uscita nel nostro paese, si sono create file interminabili fuori dai punti vendita con corse per accaparrarsi le tanto ambite scarpe con i colori caratteristici del logo LIDL.

In alcune città si sono formati dei veri e propri camp out fuori dai supermercati la notte precedente al release, per essere sicuri di portare a casa quanti più pezzi possibile e poterli poi rivendere online.

L’intera collezione, una Limited Edition, è andata sold out in pochissimo tempo e con altrettanta fretta sono comparsi gli stessi prodotti in rete a prezzo triplicato.

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Il fenomeno del resell e i suoi prezzi gonfiati mostrano quanto nel mondo della moda ci si stia muovendo in una direzione in cui non contano più la qualità del prodotto, i materiali e le finiture ma ciò che quel capo rappresenta: l’idea che sta alla base diventa valore stesso del prodotto.

Infatti non si tratta di un valore estetico o qualitativo, comprando le scarpe LIDL non si compra semplicemente una scarpa ma un concept diventato ormai cult, la presa in giro stessa della cultura dell’hype (e del valore di qualcosa legato al fatto di essere “Limited”).

La LIDL ha lanciato questa mini collezione ispirandosi chiaramente al mondo street, corredandola di un look book in perfetto stile streetwear, composta da scarpe da ginnastica, slides o ciabatte con il logo ed i colori identificativi del brand, calzini e tshirt bianchi sempre con il logo ben in vista.

Sembrerebbe chiaro l’intento goliardico dell’azienda di supermercati nel realizzare un drop di questo genere, e nessuno forse si sarebbe aspettato che diventasse un fenomeno di massa fino a questo punto.

Nel mondo della moda sono numerosi gli esempi di grandi brand che usano l’ironia o la “presa in giro” per creare una reazione e suscitare stupore.
Basta pensare ai collant già smagliati di Gucci, andati sold out in brevissimo tempo, ma nella realtà difficilmente indossabili.

Anche la collezione Lidl ha causato parecchio rumore online, diventando presto protagonista di diversi meme che hanno fatto il giro di tutta Italia e non solo.

E diventare un meme sembra essere ormai una manna dal cielo per un brand (a volte, in realtà, è una mossa ben premeditata) che guadagna visibilità istantanea e raggiunge un pubblico molto più vasto di quello che avrebbe mai raggiunto con pubblicità a pagamento.

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A livello strategico, i passi fatti dalla grande catena di supermercati sono stati quelli classici di molti drop di streetwear di famosi brand internazionali: date di lancio ben chiare e anticipate, pochi capi ma ben identificativi del marchio, tutto ovviamente Limited Edition.

E il sold out quasi immediato della collezione LIDL dimostra l’efficacia di questo approccio alla vendita e al release di un prodotto.

Che la collezione vi sia piaciuta o meno, che abbiate fatto la fila per aggiudicarvi un paio di scarpe o che abbiate semplicemente seguito la vicenda con stupore, è innegabile che la mossa LIDL di questo mini drop streetwear sia stata vincente e sicuramente porterà ad un aumento di vendite generale all’interno della loro catena.

Personalmente trovo molto interessante questa tendenza nel marketing a voler suscitare emozioni forti per fissare qualcosa nella mente del consumatore, portato a ricordare più facilmente qualcosa che gli ha causato sdegno rispetto a gioia.

Ne consegue una ricerca continua per “sconvolgere” e a volte anche indignare il pubblico per guadagnare visibilità anche accostando sensazioni sgradevoli al proprio brand.

Per la serie: che se ne parli bene o che se ne parli male, l’importante è che se ne parli…. Ma è importante chiedersi: fino a che punto è giusto spingersi in questa direzione?

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