Quante volte abbiamo partecipato ad una riunione aziendale che ci sembrava un incubo ad occhi aperti, e quante altre ci siamo resi conto che l’unica risorsa utilizzabile per far progredire un progetto fosse la forza di un gruppo coeso?
Ogni azienda è composta da persone che interagiscono fra loro, che comunicano, che spendono parte della loro vita insieme; ogni riunione rappresenta un momento importante e delicato nel quale questa interazione prende forma, una risorsa davvero preziosa per l’azienda.
La statistica ci suggerisce che chiunque abbia partecipato ad almeno 5 riunioni aziendali, abbia avuto almeno un’esperienza positiva e almeno una negativa, ovvero abbia preso parte ad almeno un incontro stimolante e utile, e ad almeno uno di quelli che io definisco simpaticamente “nightmareeting” (suona meglio a dirlo che a scriverlo).
Perché una riunione aziendale non funziona? Come diventa una risorsa sprecata?
Le riunioni “incubo” sono quegli incontri che, indipendentemente dalla loro durata, hanno la capacità di dilatare la percezione del tempo quasi all’infinito, creare uno stato di sonnolenza semi letargico e soprattutto terminare lasciandoti un valore aggiunto con segno negativo.
Io stesso sono stato talvolta vittima, talvolta – ahimè – carnefice di questa disumana tortura.
Veniamo al punto: perché qualche riunione è stimolante e proficua, e qualcun’altra no?
Prima di capire meglio quali sono le dinamiche che spostano l’ago della bilancia, è doveroso specificare che non esiste una ricetta della RAR “riunione aziendale risorsa” efficace nel 100% dei casi. Non esiste, semplicemente perché non può esistere.
Durante le riunioni aziendali, come in tutti i momenti di incontro sociale, ogni persona porta con sé ingredienti diversi: entusiasmo, stanchezza, stress, eccitazione, aspettative, priorità, obiettivi, stati d’animo.
È quindi plausibile che talvolta ci possa essere un disallineamento o un’incompatibilità tra i contenuti trattati durante una riunione o la sua modalità di svolgimento e la predisposizione dei partecipanti ad ascoltare o a intervenire attivamente. In alcuni casi, per quanto ci si sforzi di organizzare l’incontro al meglio, o di prendervi parte con la massima disponibilità, questi disallineamenti non si compensano.
Immaginiamo di lavorare a un progetto molto importante e di essere totalmente impegnati a rispettare una scadenza tassativa e imminente. Con che predisposizione parteciperemmo ad un meeting di presentazione della nuova squadra di calcetto sponsorizzata dall’azienda?
La ricetta della ciambella perfetta esiste ma, nonostante ciò, non tutte escono con il buco.
Il nostro obiettivo è quello di migliorare quanto possibile la qualità delle riunioni aziendali a cui prendiamo parte, sia in veste di organizzatori-relatori, sia in veste di partecipanti; in sostanza, di trasformare i “nigthmareeting” in “dreameeting”.
Quali aspetti influiscono sulla riuscita di una riunione aziendale e la fanno essere una vera risorsa?
L’ambiente: dove e quando.
Il luogo e il momento in cui si svolge l’incontro, la sua durata, la fruibilità degli strumenti comunicativi utilizzati, la facilità pratica di interazione con gli altri partecipanti, l’assenza di elementi distraenti (suoni esterni irritanti, odori sgradevoli, stimoli visivi fuorvianti). Tutto ciò influisce nel rendere questa occasione una risorsa efficace.
L’aspetto sociale: chi.
Le persone coinvolte nell’incontro e la loro qualità di interazione. Le riunioni più efficienti sono quelle in cui tutti o la maggior parte dei partecipanti apportano qualcosa, o in cui il relatore ha la capacità di interessare attivamente tutti i presenti, non soltanto con gli argomenti trattati, ma anche (o soprattutto) con lo stile comunicativo. Non esiste un argomento sufficientemente interessante da sopravvivere ad un pessimo relatore, ma esiste il relatore sufficientemente efficace da farci interessare ad un argomento apparentemente inutile.
I contenuti: cosa e perché.
Proprio alla luce di quanto detto poco sopra, il contenuto della riunione deve essere interessante per tutti. La definizione di “interesse” non coincide obbligatoriamente con quella di “piacere”, ovvero un tema si considera interessante quando la sua trattazione può influire su ciò che pensiamo o su come agiamo, può darci degli spunti di riflessione, farci nascere delle domande o darci delle risposte, e questo indipendentemente da quanto questi aspetti possano risultare piacevoli. L’interesse si misura quindi in base al concetto esteso di “utilità”, e il piacere è una frequente (ma non imprescindibile) conseguenza di questo interesse.
Facciamo un esempio chiarificatore:
una riunione organizzata per gestire un’emergenza di una certa gravità o che ha possibili conseguenze negative per l’azienda e in primis per noi, non si può certamente definire piacevole, ma risulta professionalmente interessante perché ci permette di contribuire alla risoluzione di un problema che, evidentemente, ci riguarda. Durante questa riunione il nostro interesse sarà quindi alto anche se la tematica trattata non sarà piacevole.
Aspetti personali: come.
Il buon esito di una riunione è determinato anche dalla nostra propensione a parteciparvi, come organizzatori-relatori e non. La nostra disponibilità all’ascolto, la capacità di condividere i nostri pensieri, l’apertura comunicativa verso gli altri, e l’accettazione di punti di vista o pareri diversi dai nostri, sono tutti elementi che possono influire in questa nostra propensione, in una direzione o nell’altra.
Abbiamo intuito come un bravo relatore possa farci appassionare o quantomeno interessare ad un argomento apparentemente noioso e, analogamente, come una location inadatta o delle distrazioni costanti possano inficiare la resa di un meeting di per sé interessante.
Compito per casa? Cerchiamo di individuare e riconoscere gli elementi che rendono la riunione a cui stiamo partecipando efficace o inefficace, e diamo il nostro contributo per incentivarli, nel primo caso, o risolverli, nel secondo.
Quali sono quindi i miei consigli per trasformare le nostre riunioni in “dreameeting”?
Li trovi in questo articolo dedicato.
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