“Houston, abbiamo un problema”. Ogni volta che penso al perfetto brainstorming, mi viene in mente quella scena del film Apollo 13, in cui gli ingegneri della Nasa cercano di risolvere un grave problema tecnico della missione utilizzando i pochi e improbabili oggetti presenti nella navicella. Il titolo di questa scena è “from problem to solution” e rispecchia perfettamente l’obiettivo ultimo di ogni sessione di brainstorming.
Ci sono, però, a proposito del brainstorming preconcetti e falsi miti da sfatare che rischiano di farlo percepire soltanto come uno scenografico, poco professionale e talvolta inconcludente metodo di condivisione di punti di vista.

1) Primo mito da sfatare: il brainstorming funziona solo tra persone che hanno una spiccata creatività

Il primo mito da sfatare è che il brainstorming sia una tecnica incentrata soltanto sulla creatività.

Questa caratteristica è certamente utile nella fase di ideazione di nuove soluzioni ma non è sempre l’elemento cardine per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Se pensiamo all’esempio dell’Apollo 13, utilizzare una cannuccia per aggiustare uno strumento super tecnologico è una soluzione decisamente creativa, ma si basa necessariamente sulla conoscenza approfondita dell’oggetto in questione, del materiale di cui è composto, delle sue caratteristiche di flessibilità, torsione, infiammabilità, ecc. tutti aspetti puramente tecnici. Alla stessa stregua, se l’obiettivo della sessione di brainstorming fosse migliorare un processo produttivo attraverso l’ottimizzazione delle fasi di una catena di montaggio, le caratteristiche fondamentali per raggiungere lo scopo sarebbero, ad esempio, l’esperienza pratica di lavorazione del prodotto in questione, la conoscenza tecnica degli strumenti di lavoro, la consapevolezza dei vincoli logistici di installazione dei macchinari, la competenza degli operai che intervengono nelle fasi manuali, ecc.

Esperienza, conoscenza, consapevolezza, competenza, tutti aspetti non necessariamente correlati alla creatività.

 

2) Per fare brainstorming serve un gruppo di persone numeroso

Un altro preconcetto molto diffuso è che per fare brainstorming sia indispensabile un gruppo numeroso.

In realtà i fondamenti di questa tecnica possono essere utilizzati anche per sessioni individuali, nelle quali l’apporto degli altri partecipanti viene sostituito da un migliore utilizzo delle nozioni già presenti in noi stessi e delle nostre capacità associative e di elaborazione di tali informazioni.

Pensiamo a quante parole conosciamo e a quante ne utilizziamo quotidianamente: la sproporzione è tristemente sorprendente.

Pensiamo ora a quanti dati conserviamo nel nostro cervello e a quanto superficialmente vi accediamo quando cerchiamo la soluzione ad un problema.

Ovviamente non si tratta di acquisire dei “super poteri”, ma semplicemente di utilizzare in maniera più efficace informazioni che sono già disponibili nella nostra libreria mentale.

Immaginiamoci di aprire l’anta della cucina nella quale riponiamo la pasta: vorremmo mangiare degli spaghetti ma davanti a noi ci sono solo confezioni di fusilli, tortiglioni e tagliatelle. Anziché accontentarci di ciò che ci appare subito disponibile, potremmo spostare queste confezioni e allungare la mano più in fondo, magari in un punto che non vediamo perfettamente, et voilà, spaghetti!

Una corretta tecnica di brainstorming ci aiuta ad attivare dei processi mentali che stimolano la ricerca e la disponibilità di informazioni e che ci guidano nell’elaborazione dei dati in maniera più approfondita e meno semplicisticamente intuitiva.

 

3) Ulteriore preconcetto: per ottenere risultati dal brainstorming serve tanto tempo

Quanto tempo richiede il brainstorming? Quali performance e quali risultati ci possiamo aspettare da una sessione di brainstorming? Dopo quanto arrivano i risultati, l’idea geniale?

Anche per rispondere a queste domande ricorro ad un esempio pratico: siamo appassionati di motociclismo e facciamo un corso di guida su pista tenuto da un famoso campione. Ci vengono date tutte le nozioni da lui applicate in gara, per filo e per segno. Posizione sulla moto, gestione del gas, freni, stacchi, sorpassi, tutto. Ora tocca a noi! Possiamo guidare la stessa moto del campione e ora sappiamo esattamente come usarla, ma riusciremo ad eguagliare i suoi tempi?

La tecnica di brainstorming, come tutte le tecniche, necessita di pratica e di esperienza.

I risultati arrivano fin da subito ma bisogna saperli riconoscere. Forse le prime sessioni non andranno esattamente come nel film Apollo 13 e non riusciremo a risolvere così brillantemente “il problema”, ma di sicuro percepiremo un nuovo modo di approcciare le difficoltà e un riposizionamento dei nostri limiti individuali e di gruppo.

In sostanza, capiremo che possiamo allungare la mano oltre i fusilli e i tortiglioni… ma troveremo gli spaghetti? Se ci siamo ricordati di comprarli, molto probabilmente sì.

 

4) Un falso mito da sfatare: il brainstorming amplifica disaccordi e tensioni

Il penultimo falso mito da sfatare è che il brainstorming possa creare disaccordi tra le persone, anche dove prima non ce n’erano.

Sicuramente durante le sessioni le persone interagiscono molto, o quantomeno dovrebbero; quindi, lo scambio di informazioni è altissimo. Nel comunicare un concetto, nel suggerire una soluzione, nel valutare una possibilità, è normale che ognuno di noi trasmetta anche il giudizio o le aspettative associate a quella condivisione.

In uno scenario di scambio è inevitabile che ci siano opinioni differenti, punti di vista anche diametralmente opposti, o semplicemente conoscenze ed esperienze contrastanti relative allo stesso argomento. Tutte queste “diversità” sono estremamente utili, ma talvolta non altrettanto facili da gestire.

Il principio generale della “buona comunicazione” in questo caso gioca un ruolo fondamentale.

Spesso nelle riunioni di lavoro si mescolano approcci relazionali diversi, concetti disallineati o caratteri personali poco compatibili fra loro; quindi, può succedere che qualche animo si scaldi o che la conversazione semplicemente confluisca in binari chiusi.

La figura del gestore della sessione di brainstorming ha, tra gli altri, anche il compito di mediare e di facilitare la condivisione, mantenendo un clima di discussione stimolante, aperto e propositivo.

Gli attriti che possono nascere in queste occasioni non sono molto diversi da quelli che potremmo vedere in qualsiasi altra riunione aziendale, o davanti alla macchina del caffè; quindi, una volta di più, la parola d’ordine è sempre “buona comunicazione”.

Potrebbe interessarti il mio articolo “Come migliorare la qualità delle riunioni aziendali”

 

5) Per fare brainstorming basta tirar fuori le idee: falso mito o realtà?

Siamo arrivati all’ultimo, e forse più importante errore di valutazione: per fare brainstorming non serve alcuna tecnica, basta sedersi attorno ad un tavolo e il resto viene da solo!

Questa convinzione è proprio alla base della considerazione spesso “superficiale” di questo strumento.

È un po’ come dire che per diventare atleti è sufficiente acquistare un ottimo paio di scarpe da ginnastica.

Certamente questo può essere uno step utile, e talvolta è determinante per stimolarci ad iniziare un’attività fisica, ma di certo senza una corretta impostazione tecnica, molta dedizione e tanta pratica non diventeremo mai atleti, ci limiteremo a fare una corsetta al parco di tanto in tanto.

Il gestore della sessione di brainstorming, in questo senso, ha un ruolo davvero fondamentale perché è grazie a questa figura e alle sue capacità di organizzare e canalizzare i flussi di informazioni che si inizia ad apprezzare concretamente il grande potenziale del brainstorming.

 

Grazie per aver letto il mio articolo, spero ti sia stato utile.

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